Il ritorno di Zeman: la splendida follia tattica al potere
Le minestre riscaldate non funzionano? Opinione comprensibile. Il primo boccone del ritorno a Pescara di Zdenek Zeman, però, dona nuove speranze ai tifosi abruzzesi. Il boemo si ripresenta al tavolo del calcio che conta con le sue settanta primavere. Il viso segnato dall’età, ma il carisma è sempre lo stesso.
Il calcio di Zeman è un romanzo senza fine. Un miscuglio di intrecci. L’irrazionalità trova, nell’inconfondibile 4-3-3, la massima espressione. Dal centrocampo in su un parco giochi strabiliante. Terziglie, fraseggi corti e verticalizzazioni in profondità. Poi corsa, sudore e sacrificio. I soldati delle trincee avversarie soffrono di emicrania acuta. “La grande bellezza” si blocca quando si tratta di difendere. In tal caso le acque spesso si rompono. Difficile, quasi impossibile trovare un equilibrio nella mentalità irremovibile del boemo. Nel bene e nel male, della tattica ovviamente, Zeman rimane e rimarrà unico.
Il suo modo pacato di esprimersi, le interminabili attese prima di una parola. Il suo volto impassibile. Insomma, un personaggio. Amato da molti, detestato da altri. Juventino da piccolo, anche per il rapporto profondo con lo zio Cestmir Vycpálek, oggi non è certo osannato dalle parti bianconere. Da Foggia a Pescara, invece, Zdenek viene considerato come un profeta. Punti di vista opposti. Nella capitale, ad esempio, è forse il solo ad essere comunque apprezzato da romanisti e laziali. In ogni esperienza professionale, senza ombra di dubbio, ha lasciato un segno netto.
Mentore di poetici aforismi, con le immancabili sigarette in tasca, ha deciso di accettare l’ennesima sfida.
In riva al Mar Adriatico l’equipaggio aveva perso le coordinate. Nel giro di tre giorni il traghettatore ha ristabilito la giusta rotta. La salvezza è ancora un lontano miraggio, classifica alla mano, ma almeno il divertimento è assicurato.
Il 5-0 inflitto al malcapitato Genoa è l’antipasto. “Zemanlandia” è appena cominciata.
Alessandro Iacobelli