Cercasi la vera Italia: avvistata l’ultima volta sotto il cielo di Berlino
di Andrea Celesti
L’Italia è fuori dal Mondiale di Russia 2018. È strano dirlo, ancora più strano pensare ad un paese con una tradizione calcistica così forte, rappresentato da una Nazionale che vanta nel suo palmares quattro titoli mondiali, uscire di scena in questo modo. Eppure è questa la realtà a cui dovranno abituarsi milioni di italiani, che questa estate non potranno vedere sul rettangolo di gioco i propri idoli, gioire e soffrire insieme a loro, sostenerli con la solita speranza di vederli arrivare all’atto finale ad alzare quella coppa così affascinante. L’ultima volta era successo sessant’anni fa: un altro calcio, un’altra epoca, talmente lontana da dare la sensazione di non poter più tornare. Era il 1958 e l’Italia guidata da Alfredo Foni uscì ad un passo dalla fase finale per mano di una modesta Irlanda del Nord: gol sbagliati e scelte tattiche discutibili portarono la Nazionale azzurra a rinunciare alla platea più importante.
Oggi come allora, l’Italia guarderà dalla poltrona il Mondiale, a distanza di undici anni esatti dal trionfo in Germania. Forse è proprio da lì che bisogna partire, da quell’indimenticabile 9 luglio 2006 quando capitan Cannavaro alzò al cielo di Berlino la quarta coppa del mondo degli azzurri. È brutto ammetterlo ma l’Italia calcistica si è fermata proprio lì, a quella vittoria che la portò a riscattarsi dalla bufera di Calciopoli.
È come se la Nazionale azzurra fosse rimasta intrappolata in un libro dei ricordi, incapace di voltare pagina e ricominciare una volta per tutte. Il movimento calcistico non è più riuscito a rinnovarsi, a ritrovare la strada corretta, quella che conduce alle vittorie e ai trionfi più grandi. Come un fulmine a ciel sereno sono arrivate le brutte eliminazioni, in gironi più che abbordabili, nei successivi Mondiali in Sud Africa e Brasile. In mezzo campionati europei giocati a buon livello, ma senza riuscire a portare a casa quella coppa che manca nella bacheca azzurra dal 1968. E intanto Nazionali come la Germania, facendo tesoro delle sconfitte, hanno cominciato ad investire nei vivai, a far crescere i giovani talenti limitando l’ingresso degli stranieri, senza dimenticare quella grande sinergia quanto mai necessaria tra club e federazione. Un meccanismo praticamente perfetto, che ha dato i suoi frutti proprio nel Mondiale in Brasile, con la vittoria finale dei tedeschi ai danni dell’Argentina.
In Italia si è rimasti immobili a guardare i successi delle altre Nazionali senza fare niente per cercare di smuovere la situazione che stava diventando sempre più tragica. Dalle squadre giovanili non sono più usciti i veri talenti ed è venuto a mancare quel ricambio generazionale necessario dopo il ritiro dei grandi campioni del nostro calcio. I club hanno puntato sugli stranieri pagati a peso d’oro, mandando quei pochi talenti italiani rimasti in categorie minori, facendoli finire nel dimenticatoio. A vestire la maglia azzurra sono arrivati buoni giocatori uniti alla “vecchia guardia”, che intanto iniziava a sentire il peso degli anni, ma all’orizzonte neanche l’ombra di un vero fuoriclasse in grado di risolvere le partite da solo.
Un segnale non da poco, considerando tutti i campioni che hanno vestito la maglia azzurra nel tempo (da Baggio a Totti fino a Del Piero), ma che nessuno ha saputo veramente cogliere.
Nel frattempo è arrivato Carlo Tavecchio, eletto presidente della FIGC dopo le dimissioni di Giancarlo Abete nell’estate del 2014. Dal giorno della sua elezione, l’ex Presidente della LND ha tentato di introdurre alcune normative senza successo: dalla mancata riduzione della Serie A a 18 squadre, che non ha avuto l’appoggio dei soggetti partecipanti, fino all’effettiva limitazione all’utilizzo dei giocatori extracomunitari. Forse il suo errore più grande è stato proprio quello di nominare Gian Piero Ventura nuovo ct della Nazionale. Un tecnico senza esperienza, sicuramente non all’altezza di sedere su quella panchina, che ha visto succedersi negli anni allenatori come Bearzot, Sacchi, Lippi, solo per citarne alcuni.
Il tecnico genovese non è mai riuscito a dare la sua impronta di gioco alla squadra, insistendo su un modulo(il 4-2-4) inadatto per i giocatori a sua disposizione. L’epilogo fu raggiunto il 2 settembre 2017, quando l’Italia venne sconfitta dalla Spagna con un netto 3-0, in una gara decisiva per la qualificazione diretta a Russia 2018. Rinvigorito dal pareggio ottenuto nella partita d’andata a Torino, Ventura si presentò al Santiago Bernabeu con uno schema tattico inadeguato per affrontare le ‘furie rosse’, che dominarono la gara in lungo e in largo. La doppia sfida con la Svezia nel playoff, in cui Ventura ha sicuramente commesso tanti errori tattici e non solo, è stata dunque solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Di sicuro non si possono dare tutte le colpe della disfatta azzurra al tecnico genovese, che sicuramente non è l’unico responsabile. Il suo esonero non può certo bastare a rimettere in piedi un sistema fin troppo logorato nella sua essenza. E’ importante una rifondazione che porti ad uno ‘svecchiamento’ dei vertici della FIGC, persone con idee fresche, nuove riforme per restare sulla scia delle altre Nazionali che negli anni sono riuscite a raccogliere i frutti del loro duro lavoro. Per fare ciò bisogna partire dalle fondamenta, da quelle scuole calcio da dove uscivano i campioni del futuro e che oggi sembrano diventate luoghi in cui la tecnica dei ragazzi viene messa in secondo piano per privilegiare schemi e tattiche.
C’è bisogno di questo e tanto altro per ritornare grandi e provare quelle emozioni che davanti la tv ci facevano sentire tutti un po’ più italiani…