Il cibo nell’arte di Vettor Pisani
di Giuseppe MASSIMINI
Al Museo Carlo Bilotti a Roma le opere di una delle figure più provocatorie dell’arte contemporanea
Il rapporto tra arte e cibo ha una storia antichissima che giunge sino ad oggi, dalla perfezione dei mosaici pompeiani sino all’enfasi seriale e consumistica della Pop Art. Il Museo Carlo Bilotti, Aranciera di Villa Borghese a Roma, ospita la mostra “Vettor Pisani. Il cibo interpretato” (a cura di Mimma Pisani in collaborazione con l’Archivio Vettor Pisani, fino al 2 aprile). Da sempre il cibo è stato al centro della ricerca di Vettor Pisani sin dagli esordi quando, nel 1970, nella storica Galleria di Roma, La Salita, espose il busto della Venere di Milo, ricoperto da uno strato di cioccolato contrapposto a un sacchetto di plastica contenente della vera carne macinata portata a naturale putrefazione durante la mostra. Vettor Pisani (Bari 1934, Roma 2011) è una delle figure più provocatorie e controverse dell’arte contemporanea. Al proprio servizio mette l’arte recente e non contaminandola con diversi linguaggi proprio per segnalare derive e dissonanze della storia.
La sua ricerca passa attraverso un’ideale coesione tra pensiero, azione e opera senza soluzione di continuità tra i diversi lavori fino a riutilizzarli in un’unica opera in costante metamorfosi che trova alcune delle più consistenti realizzazioni nelle tanti versioni di R.C. Theatrum (vero e proprio teatro rosacrociano presentato per la prima volta alla Biennale di Venezia del 1976 e poi approfondito e ripresentato negli anni in diverse versioni). La mostra, perfetta nell’allestimento, si compone di 40 opere che coprono un arco temporale dal 1958 al 2011. Cuore della rassegna nel salone del ninfeo “Il Sentiero delle sculture”. Otto opere su piedistalli in doppio filare che, nella serata di inaugurazione, hanno guidato la performance “Orazione 2018″, (testo e regia di Mimma Pisani, interpretata da Gaia Riposati, Manuel Paruccini, primo Ballerino del Teatro dell’Opera di Roma; Marco Valabrega al violino). Tra queste opere, “Caro finocchio”, “La Spada di S. Daniele”, e altri lavori straordinari come “Pasto erotico” e “Fratelli erranti”. In fondo al percorso ferma lo sguardo “Santa Teresa del frigorifero” (2004) nella quale riconosciamo la “Transverberazione di Santa Teresa d’Avila” (1647-1652) di Gian Lorenzo Bernini e “Fontana” (1917) di Marcel Duchamp. Nelle due sale laterali il percorso si snoda tra installazioni, sculture, disegni, stampe digitali e collages, che disegnano metaforicamente e ironicamente gli accadimenti e i lapsus che incrociano freudianamente i versanti opposti di natura-cultura, attrazione-repulsione, eros e thanatos, sogno e realtà. Si incontrano alcune opere storiche come “Le labbra della sfinge” (1998-2000), “Sfinge che divora il naso di Freud”, un’opera di alta concettualità del 1999 e due splendidi collages “Leda e il cigno” (2000) carico di sensualità e “Edipo e la Sfinge” (1999) . Il percorso prosegue con un elegante disegno a matita “Curva Pacifica” del 1958. Colpisce poi “MaoSfinge, gustosi bocconcini di pesce per sfingi e giocattoli di scacchi”, una piramide di dieci lattine realizzate nel 1992. Inevitabile è il richiamo a Andy Warhol. A completare la mostra nella Video Room del Museo la proiezione di quattro video realizzati da Vettor e Mimma Pisani che hanno sempre come soggetto il cibo.