Arte | Rivoluzionario Guttuso
di Giuseppe MASSIMINI
La GAM di Torino ricorda, con una scelta di opere dalla fine degli anni ’30 alla metà degli anni ’70, l’impegno politico e culturale del pittore siciliano
Nell’ottobre del 1967, cinquantesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, Renato Guttuso scriveva per Rinascita un articolo dal titolo “Avanguardie e rivoluzione”. Oggi a poco più di cinquant’anni da quella pubblicazione la GAM di Torino (Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea) dedica fino al 24 giugno una mirata esposizione sulla pittura di Renato Guttuso (Bagheria 1911- Roma 1982) presenza di forte richiamo nella storia dell’arte italiana del Novecento e figura nodale del dibattito artistico ma anche politico del secondo dopoguerra con una quantità di scritti e riflessioni dentro o contro i movimenti artistici che lo videro protagonista o escluso, spesso polemista sanguigno e colto.
La mostra, “Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del 68”, a cura di Pier Giovanni Castagnoli, con la collaborazione degli Archivi Guttuso, ricostruisce, con alcune delle sue opere maggiori, l’impegno politico e culturale del pittore siciliano. “Dalla voce pastosa e da uno sguardo senza veli, parlante, trepido, infiammato” ( Calvesi), Renato Guttuso è stato e resterà uno dei maggiori pittori figurativi negli anni centrali del nostro secolo. Guttuso arriva a Roma nel 1931 per esporre alla Quadriennale e in questa occasione si legò d’amicizia con gli artisti della scuola romana; nel 1935 è a Milano e prende parte al gruppo Corrente; nel 1937 si stabilisce definitivamente a Roma e nell’immediato dopoguerra è tra i fondatori del “Fronte Nuovo delle Arti”. Dopo aver guardato alla pittura da Cézanne agli espressionisti si avvicina al neocubismo (a Parigi conosce Picasso) e si orienta verso un realismo legato a temi sociali e di vita quotidiana. La prima opera importante, momento d’avvio del realismo italiano, è “La fuga dall’Etna” (1938-39) che costituisce un puntuale omaggio a Picasso.
A due anni di distanza seguì “La Crocifissione, (di cui la mostra presenta uno studio preparatorio) che esposta e premiata a Bergamo nel 1942 fece scandalo per le allusioni al dramma della guerra oltreché per la presenza di una Maddalena nuda stretta al corpo di Cristo. Il percorso raccoglie oltre 60 opere provenienti da importanti musei e collezioni pubbliche e private d’Europa dipinte dalla fine degli anni trenta alla metà degli anni settanta. La mostra prende avvio da un piccolo capolavoro del 1938 “Fucilazione in campagna” ispirato alla fucilazione di Federico Garcia Lorca e si chiude con i “Funerali di Togliatti” del 1977, un compianto denso di nostalgia affollato di figure e con il motivo delle bandiere rosse che illuminano in lungo e in largo tutto il dipinto.
Tra questi due pezzi forti si susseguono altri capolavori. Rivediamo volentieri i disegni “urlati e urticanti” del “Gott mit uns” (1944), risposta al massacro nazista delle Fosse Ardeatine e le intonazioni di una reinventata epica popolare risuonanti in opere nuove per stile e sentimento come “Marsigliese contadina” (1944) e “Lotta di minatori francesi” (1948). Degli anni sessanta è bello rivedere “Vietnam” e “Giovani innamorati”. Così come “Gli addìi di Francoforte”. In mostra anche un gruppo di opere coeve ai dipinti di ispirazione politica e sociale. Ritratti e autoritratti, paesaggi, nature morte, nudi, selezionati per offrire la poliedrica versatilità del suo estro creativo. Sempre fecondo.