Mario Scandavini, la favola del ciclista d’altri tempi
di Lorenzo Petrucci
Fine anni ’50, l’Italia viveva il boom economico del secondo dopo guerra e due famosi miti del ciclismo, Coppi e Bartali, con la loro epica rivalità, attiravano numerosi adolescenti. Tra questi, a Roma, un giovane Mario Scandavini da promessa degli allievi della Lazio vinceva le sue gare prima dell’improvvisa decisione di abbandonare questo sport. Oggi Mario racconta quegli anni quando con la bicicletta in sella era considerato una delle migliori promesse in circolazione.
Per Mario il primo passo verso il mondo delle due ruote è stato repentino, improvviso, un vero colpo di fulmine. Tutto è iniziato all’età di sedici anni quando per caso ha accompagnato un amico a un allenamento. È proprio lui a raccontarlo con emozione e soddisfazione: “andai con un amico ad Ostia e come entrai alla Stella polare assalito dall’odore di olio canforato mi innamorai di questo sport.”
L’inizio non fu dei migliori ma fatta sua l’esperienza necessaria la musica presto cambiò: “prima di allora si e no sapevo andare in bicicletta, la prima gara a Bracciano nel 1959 fu un quasi disastro ma nel ‘61 cominciando ad allenarmi seriamente arrivò la prima vittoria il 21 maggio”.
Entrato saldamente nel mondo del ciclismo cominciarono ad arrivare anche i primi attestati di stima “stavo andando bene, i ciclisti delle altre squadre mi indicavano come uno dei più forti. Alla gara di Monterotondo scalo vinsi con undici minuti di distacco e quando venne la macchina a informarmi risposi ironicamente che potevo anche fermarmi un po’. Così non fu e dopo una bottigliata di acqua fredda sulle spalle per riprendersi, vinse la corsa e si mise a guardare da spettatore la volata dei suoi rivali rimasti.”
Già all’epoca la preparazione era molto importante, in quattro mesi da gennaio ad aprile Mario fece la bellezza di 4500 km. Ogni gara era una festa, mamma Wanda e papà Armando insieme a un folto numero di amici e tutti i suoi fratelli lo seguivano nelle sue gare. Il supporto era molto importante, una volta ad Isola Liri il giovane Mario si divorò tre fettine panate preparate dalla mamma prima dell’imminente partenza della corsa.
Sembra filare tutto liscio, però nel ’61 su una salita di Frascati durante una gara arrivò un infortunio “una macchina non si fermò all’alt della polizia e la presi in pieno con la bicicletta che si piegò in due. Ne comprai una nuova, la Cinelli, comprandola alla bottega di Chiappini in zona Termini, pagandola 85 mila lire.”
Recuperato dall’infortunio però non fu più lo stesso “dovevo passare ai professionisti, la Faema mi faceva la corte ma nel ‘62 ho smesso di correre” e oggi a distanza di quasi sessanta anni Mario ricorda quei fantastici anni con occhi sognanti e lucidi in sella a una bicicletta quando in volata non ce ne era per nessuno.