Leiva Gravia: le sculture di Valerio Anceschi e Luca Scarabelli alla Fondazione Sabe per l’arte di Ravenna
di Giuseppe MASSIMINI
La Fondazione Sabe il nuovo spazio espositivo, a pochi passi dal MAR – Museo d’Arte di Ravenna-, inaugurato nel 2021, continua nel suo percorso di promozione e diffusione dell’arte contemporanea, con una particolare attenzione alla scultura. Ora è la volta di Levia Gravia, doppia mostra personale di Valerio Anceschi e Luca Scarabelli (a cura di Francesco Tedeschi, fino al 24 giugno). I due artisti, nonostante percorsi e concezioni estetiche diverse, condividono alcuni elementi di un linguaggio plastico attraverso cui propongono particolari letture della forma e dell’idea di scultura. In mostra, il punto di connessione tra le due poetiche viene individuato nel rapporto tra il concetto di “levità” e quello di “gravità”, ripresa da una raccolta di poesie di Giosué Carducci pubblicata nel 1867 ed ispirata ad un verso dei Trista di Ovidio ad indicare “cose leggere per sentimento…che tuttavia sono difficili e gravi a fare”. La “levità” è intesa nel senso di una leggerezza formale, più che materiale, quando si dà attenzione al vuoto come elemento attivo di ogni elaborazione scultorea che si relaziona con l’ambiente, ma anche nel senso di un alleggerimento del significato assertivo e monumentale che essa ha, introducendo motivi di sottile ironia. La “gravità”, invece, si relaziona a una delle peculiarità della scultura, quella della sua presenza fisica, dell’attrazione verso terra, ma anche alla sua capacità, attraverso la sua combinazione con le qualità della “leggerezza”, di evocare temi e discorsi che aspirano a una profondità di senso.
L’intreccio di queste due direzioni si possono individuare reciprocamente nel lavoro di Anceschi e di Scarabelli, che per questa occasione hanno proposto una serie di opere realizzate negli ultimi anni. Dagli anni Novanta, Valerio Anceschi (Milano,1975) ha svolto un percorso coerente nella elaborazione di opere composte con materiale di riuso, soprattutto frammenti di ferro provenienti da lavorazioni di fonderia, che combina per generare soggetti bi-tridimensionali, che si muovono, in qualche occasione realmente, per effetto della leggerezza del loro corpo. L’uso della colorazione, principalmente in rosso, attribuisce nuova espressività ai materiali, assorbiti in nuovi intenti formali. Luca Scarabelli (Tradate,Varese,1965) fin dagli anni Ottanta ha operato attraverso l’uso e il recupero di oggetti domestici, elementari, ai quali attribuisce significato interrogativo ed evocativo, all’insegna di una concettualizzazione ironica e narrativa. La sua attività in realtà esplora molteplici direzioni, dall’objet trouvé ricontestualizzato al video, al libro d’artista, alle performance di natura musicale, nelle quali si è impegnato in anni recenti, passando attraverso una fitta attività organizzativa e ideativa.