Arte e Fascismo. Al Mart di Rovereto una mostra sull’arte del Ventennio
di Giuseppe MASSIMINI
In quali modi il regime fascista ha influenzato la cultura figurativa durante il ventennio? Come si è sviluppato il complesso sistema dell’arte e in che modo gli artisti hanno dato voce all’ideologia, ai temi e ai miti del fascismo? A queste domande risponde la mostra Arte e Fascismo, aperta fino al 1 settembre al Mart di Rovereto. Nata da una idea di Vittorio Sgarbi e a cura di Beatrice Avanzi e Daniela Ferrari, l’esposizione analizza i vari e complessi modi in cui il regime fascista influì sulla produzione figurativa italiana, utilizzando a fini propagandistici i linguaggi dell’arte e dell’architettura. Allo stesso modo racconta, come attraverso la partecipazione a mostre biennali, quadriennali e sindacali e a commissioni pubbliche, gli artisti diedero voce all’ideologia e ai temi del fascismo. Accanto a figure dichiaratamente fasciste, convinte sostenitrici del Duce come Depero e Sironi, si muovono artisti meno ingaggiati, più o meno distanti ma comunque presenti nel ricco panorama italiano. Il percorso espositivo, scandito in otto sezioni cronologiche e tematiche, allinea circa 400 opere tra pittura, scultura, documenti e materiali d’archivio, di artisti e architetti, provenienti da collezioni pubbliche e private, in dialogo con alcuni dei grandi capolavori del Mart e con numerosi materiali arrivati dai fondi dell’Archivio del 900. Sflilano opere di Mario Sironi, Carlo Carrà, Adolfo Wildt, Arturo Martini, Marino Marini, Massimo Campigli, Achille Funi, Fortunato Depero, Anselmo Bucci, Felice Casorati e tanti altri.
La mostra prende avvio da Novecento italiano,il movimento promosso da Margherita Sarfatti, che esordisce in concomitanza con l’ascesa di Mussolini al potere e prosegue con L’immagine del potere, sull’iconografia del Duce tra celebrazione del capo e diffusione del mito. La terza sezione Futurismo.Celebrare l’azione, si sofferma su quegli artisti, della seconda stagione del movimento, che hanno fatte proprio le esperienze propagandiste del regime esprimendosi in particolare nella grafica e nell’illustrazione. La quarta sezione Arte monumentale, celebra l’educazione e la propaganda attraverso la grande arte murale, i mosaici, gli affreschi, i decori, i monumenti. L’architettura e il rapporto con le arti, propone, invece, progetti, bozzetti e arte astratta per edifici grandiosi che esaltano il ruolo delle arti nella rappresentazione del potere e della costruzione di una nazione moderna. A seguire Nuovi miti, non solo l’eroe e l’atleta, ma anche il lavoratore, la donna e la famiglia, altri soggetti cari al regime e Il sistema delle arti, l’organizzazione di un’arte di stato tra mostre, quadriennali, biennali e concorsi. Chiude la mostra La caduta della dittatura, la fine di un’era tra iconoclastia, satira e dramma. In questo periodo Mario Mafai, in fuga con la famiglia per sottrarsi alle leggi razziali, crea le sue Fantasie, un ciclo pittorico di allucinata violenza che denuncia la brutalità della guerra, come in passato fece Goya con i suoi Capricci.