Il Tempo del Futurismo. Una grande mostra a Roma

Il Tempo del Futurismo. Una grande mostra a Roma

di Giuseppe MASSIMINI

Nel bene e nel male, nonostante le tantissime polemiche, divergenze professionali e criticità, la mostra, Il tempo del Futurismo, visitabile fino al 28 febbraio alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, resta comunque un appuntamento di rilievo per approfondire alcuni aspetti fondamentali di uno dei movimenti d’avanguardia più importanti e rivoluzionari della storia dell’arte italiana del XX secolo fondato nel 1909 da Filippo Tommaso Marinetti. Curata da Gabriele Simongini, la mostra si concentra sul rapporto tra arte, scienza e tecnologia e illustra “quel completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto per effetto delle grandi scoperte scientifiche” posto alla base della nascita del Futurismo. Distribuita in 26 sale si articola in 10 sezioni: “Prima del futurismo”, “Futurismo analitico e dinamismo plastico”, “Ricostruzione futurista dell’universo”, “Arte meccanica”, “Aeropittura”, “Idealismo cosmico e i suoi sviluppi”, “Eredità del futurismo dal secondo dopoguerra”, oltre a due sezioni tematiche dedicate rispettivamente al cinema e all’architettura e a una sala dossier su Guglielmo Marconi. Più di 350 opere tra quadri, sculture, disegni, oggetti d’arredo, film, oltre a un centinaio fra libri e manifesti insieme a un idrovolante, automobili, motociclette e strumenti scientifici d’epoca per descrivere al meglio e soprattutto in modo chiaro, comprensibile e spettacolare, le tante sfaccettature dell’atmosfera futurista.

Da sinistra, Le frecce della vita di Giacomo Balla e Idolo moderno di Umberto Boccioni

A dare il benvenuto l’istallazioneFuturpioggia di Lorenzo Marini. Si prosegue con un gran numero di opere di Giacomo Balla: 27 arrivano dalla stessa Gnam come pure le 7 di Boccioni. Ecco poi Giuseppe Pellizza da Volpedo, Medardo Rosso, Gino Severini, Mario Sironi, Luigi Russo, Carlo Carrà. E ancora: Fortunato Depero, Andreo Soffici, Gaetano Previati e tanti altri a raccontare questo straordinario movimento che ebbe grande risonanza sia in campo letterario sia nelle arti figurative, nonché nella musica e nello spettacolo teatrale e cinematografico. Discutibile la sezione “Eredità del futurismo dal secondo dopoguerra” con le opere, tra gli altri, di Alberto Burri, Piero Dorazio, Emilio Vedova e Umberto Mastroianni, forse l’unico di questi artisti che sin dagli inizi dimostrò un’impronta neofuturista. Un’ultima osservazione, ben lontana da polemiche pretestuose. Merito agli organizzatori di essere riusciti a portare in mostra alcuni celebri capolavori da importanti istituzioni nazionali e internazionali come Nudo che discende le scale di Marcel Duchamp dal Philadelphia Museum of Art e L’autoritratto di Boccioni dal Metropolitan Museum di New York. Peccato che in un’esposizione così ampia sul futurismo manchi un’opera capitale di Umberto Boccioni: La città che sale.

Redazione

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