Dal Louvre a San Pietro, la collezione riunita
Una splendida mostra a Perugia riporta temporaneamente a casa l’Immacolata Concezione di Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato
di Giuseppe MASSIMINI
Dopo due secoli torna a casa “L’Immacolata Concezione”, capolavoro di Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato. La splendida pala, concessa temporaneamente dal museo del Louvre e conservata in origine nel complesso di S. Pietro dal quale fu asportata nel 1812 in età napoleonica, è ora al centro della mostra “Sassoferrato. Dal Louvre a S. Pietro. La collezione riunita”, aperta fino al 5 novembre al Complesso Benedettino di S. Pietro, Galleria Tesori d’Arte di Perugia. La rassegna, curata da Cristina Galassi e Vittorio Sgarbi, riunisce più di quaranta opere attraverso uno straordinario percorso distribuito lungo due bracci della Galleria al primo piano del chiostro di Valentino Martelli. Accanto alle opere del Salvi altri capolavori di famosi pittori ai quali l’artista si ispirò ad iniziare da Pietro Vannucci, detto il Perugino, il grande maestro di Città della Pieve lungamente studiato dal Sassoferrato.
Pari interesse Sassoferrato riservò anche alle opere umbre di Raffaello. La mostra, infatti, mette a confronto due copie della Deposizione Borghese di Raffaello, la prima di Orazio Alfani, la seconda di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d’Arpino, provenienti dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, con la bella versione dipinta da Sassoferrato nel 1639. Uno spazio significativo è riservato alla Madonna del Giglio, immagine devozionale che assicurò grande notorietà al Sassoferrato. Se ne presentano tre versioni: le prime due provengono da Modena e da Bologna, la terza dalla Galleria dei Tesori d’Arte di Perugia di proprietà della Fondazione di Istruzione Agraria, ente di promozione della mostra. In queste opere l’artista riprende un’antica immagine di culto realizzata da Giovanni di Pietro detto lo Spagna, dotatissimo seguace di Perugino e Raffaello. Non mancano d’altra parte in mostra le tele in cui l’artista si manifesta in tutta la sua eccezionale originalità. C’è “Giuditta con la testa di Oloferne”, un dipinto da includere tra i capolavori dei Seicento italiano; c’è la grande “Annunciazione” opera di rara finezza esecutiva che “ci permette di avvicinarsi al suo metodo di lavoro e al suo approccio di appropriazione del modello primo-cinquecentesco”. Poi i ritratti dei santi Benedetto, Barbara, Agnese e Scolastica, lavori in cui l’artista, pur rispettando l’autorità dei modelli, mette da parte ogni forma di deferente imitazione. Esemplare è anche la “Madonna con il Bambino e Santa Caterina da Siena”, concessa dalla Fondazione Cavallini Sgarbi, autentico vertice della pittura religiosa del Seicento”. Arricchisce il percorso espositivo la “Betsabea al bagno” riemersa recentemente dal circuito del collezionismo privato ed esposta per la prima volta al pubblico. Un ulteriore aspetto, nel percorso artistico del Sassoferrato che mostra come la sua attività di pittore e copista sia stata talora mediata da incisioni e stampe che circolavano nella sua bottega romana.