Olimpiadi roma 1960: il cammino della Nazionale di calcio
Articolo apparso sul Nuovo Corriere Laziale del 7 dicembre 2015
Nel 1960 Roma fu teatro delle XVII Olimpiadi dell’era moderna dal 25 agosto all’11 settembre.
La febbrile attesa culminò quando il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi proclamò l’apertura ufficiale dei giochi dinanzi a 70.000 spettatori entusiasti e gioiosi. La capitale, fulcro di uno stivale che in fondo non si era ripreso completamente dalla distruzione bellica, ospitò l’evento con un entusiasmo palpabile.
Il boom economico si apprestava a mutare abitudini e costumi di un paese in fermento.
Giulio Andreotti, all’epoca ministro del Tesoro, ricoprì la veste di Presidente del Comitato Organizzatore. Indimenticabili le imprese di Abede Bikila, Livio Berruti, Wilma Rudolph nell’atletica e Nino Benvenuti nella boxe. La Nazionale di calcio, radice di un movimento in piena crisi d’identità imbottito di oriundi reduci da irrimediabili fallimenti, accolse numerosi giovani in rampa di lancio.
La Federazione per la guida tecnica pensò ad una coppia inseparabile e vulcanica formata da Gipo Viani e da Nereo Rocco.
Il tandem, non potendo selezionare giocatori provenienti dai Mondiali in Svezia, vestì i panni di talent scout alla ricerca di diamanti grezzi da accudire con sagacia e pazienza. I vivai della Serie A e della cadetteria vennero presi d’assalto e molti ragazzi salirono sul treno più importante della loro carriera. Dal Milan giunsero i difensori Giovanni Trapattoni, Gilberto Noletti e Sandro Salvadore.
Negli ambienti rossoneri, intanto, girava con insistenza il nome di Gianni Rivera.
Il fantasista diciassettenne, cresciuto nell’Alessandria, entrò prepotentemente nell’orbita azzurra.
Il futuro ‘golden boy’, nonostante il fisico non certo prorompente, sopperiva mettendo sul piatto qualità tecniche superlative. Il contingente accolse anche Giacomo Bulgarelli e Paride Tumburus del Bologna, mentre dai friulani dell’Udinese venne scovato il terzino Tarcisio Burgnich. Il ritiro si svolse in quel di Grottaferrata. Il ‘Trap’, per un piacevolissimo scherzo del destino, nel cuore dei Castelli Romani trovò Paola che diventerà la donna della sua vita. Durante gli allenamenti Viani ed il ‘Paron’ Rocco pretesero il massimo impegno dagli allievi. Le potenze dell’est europeo, più esperte e funamboliche, partirono con i favori del pronostico. L’Italia venne inserita nel raggruppamento 2 al cospetto di Inghilterra, Brasile e della cenerentola predestinata Taiwan. La doppietta di Rivera e le firme di Tomeazzi e Fanello asfaltarono la squadra asiatica nel tranquillo e agevole match iniziale. La musica cambiò nella seconda partita contro l’arcigna Inghilterra. Al ‘Flaminio’ finì 2-2. Sboccò il centrocampista Giorgio Rossano. Pareggio britannico timbrato da Brown. Ancora Rossano per il sorpasso azzurro. Hasty siglò la rete della beffa. L’ultima sfida del girone, con i maghi del Brasile, risultò quindi decisiva per la qualificazione. Vicente Feola, trainer originario di Castellabate, traghettava la rappresentativa carioca in quel periodo.
Il Comunale di Firenze ospitò la difficile gara.
Partenza in netta salita dopo il gol verde-oro ad opera di Waldir al 4’pt. Rivera e Rossano rianimarono le speranze ribaltando il punteggio sul 3-1 conclusivo. La compagnia si trasferì poi in quel di Napoli per affrontare la temibile Jugoslavia in Semifinale. Nell’arco dei 120 minuti regolamentari l’equilibrio non si spezzò. All’acuto di Galìc rispose lo stopper felsineo Tumburus; tutto racchiuso nei tempi supplementari. La voce inconfondibile di Nando Martellini narrò quella epica battaglia sportiva sulle onde di Radio Rai. L’estrazione a sorte tramite il lancio della moneta condannò la truppa italiana alla finale per il terzo e quarto posto. L’Ungheria dimostrò maggiori motivazioni strappando la medaglia di bronzo a Bulgarelli e soci. Inutile il gol di Tomeazzi quasi allo scadere.
La Finalissima vide il trionfo della Jugoslavia sulla Danimarca dell’attaccante Harald Nielsen che quattro anni più tardi vincerà lo Scudetto tra le fila del Bologna guidato da Fulvio Bernardini. L’avventura della Nazionale Olimpica del 1960, nata e cresciuta all’ombra del Colosseo e del Pantheon, pose dunque le basi per la rinascita del calcio italiano.
di Alessandro Iacobelli