L’alfabeto delle emozioni
di Giuseppe MASSIMINI
Stati d’animo. Arte e psiche tra Previati e Boccioni a Palazzo dei Diamanti a Ferrara
La voce delle emozioni all’alba della modernità. Palazzo dei Diamanti a Ferrara esplora le vibrazioni emotive che alcuni grandi artisti tra Ottocento e Novecento portarono nelle loro opere. A raccontare questa vibrante e suggestiva stagione della storia dell’arte è oggi la mostra “Stati d’animo. Arte e psiche tra Previati e Boccioni” (a cura di Chiara Vorrasi, Fernando Mazzocca, Maria Grazia Messina, fino al 10 giugno, catalogo Ferrara Arte Editore). La rassegna chiama a raccolta le opere dei maggiori interpreti della scena artistica italiana tra divisionismo, simbolismo e futurismo come Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli e Medardo Rosso, fino ai capofila dell’avanguardia futurista, i più giovani Balla, Carrà e, soprattutto, Boccioni che seppe raccogliere il testimone della generazione precedente. Il percorso è scandito in tre tappe. Prende avvio nel clima di profondi cambiamenti di fine ‘800 quando l’eco della rivoluzione darwiniana e le nuove “scienze dell’anima” accendono negli artisti l’interesse per l’analisi psicologica e per “le dinamiche dei sentimenti” che suggeriscono a Segantini e a Pellizza da Volpedo ritratti “allucinati e magnetici” così come le grandi tele di Previati e Morbelli “rivisitano in una chiave attuale e coinvolgente i temi cari ai pittori preraffaelliti e ai poeti maledetti”. Il percorso segue poi, i passi degli artisti nell’elaborazione di un alfabeto delle emozioni traendo ispirazione dall’immaginario scientifico e da una cultura intrisa di misticismo ed esoterismo.
Al centro della rassegna la monumentale “Maternità” di Gaetano Previati del 1891, capolavoro della pittura divisionista e di ambizioso contenuto mistico-simbolico. “Appariva nella sua monumentalità, scrive in catalogo Fernando Mazzocca, una moderna pala d’altare ma, dal bizzarro e inquietante formato orizzontale, risultava tanto più provocante perché proponeva un soggetto convenzionale profondamente stravolto nella tecnica e nei meccanismi della visione”. Dirà di Previati lo stesso Boccioni: “con lui le forme cominciano a parlare come musica, i corpi aspirano a farsi atmosfera, spirito e il soggetto è già pronto a trasformarsi in stati d’animo”. Non meno interessante il dialogo con le opere dei grandi esponenti del simbolismo europeo. Grazie a un suggestivo allestimento che accosta immagini, suoni, proiezioni e testimonianze del dibattito scientifico e culturale del tempo, il visitatore viene condotto in un viaggio negli affascinanti territori dell’anima di fine secolo. A rafforzare il percorso espositivo il legame con il contesto europeo con prestiti del tutto eccezionali da grandi musei e collezioni private come la “Beata Beatrix” di Dante Gabriele Rossetti dalla National Galleries on Scotland e il “Fugit amor” (sogno) di Auguste Rodin del Museo Rodin di Parigi. O ancora come il Peccato (Die Sünde) del visionario Franz von Stuck proveniente dalla Pinacoteca di Monaco di Baviera. La parte finale dell’esposizione è orchestrata attorno al capolavoro di Boccioni, “Il trittico degli stati d’animo” (quelli che vanno, gli addii, quelli che restano) del 1911 che dà il titolo alla mostra. E’ l’alba della modernità. Boccioni si allontana dal movimento divisionista e si avvia verso la poetica futurista