Pasini, luci e colori d’oriente
di Giuseppe MASSIMINI
Un’ampia rassegna alla Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo, Parma riscopre e rivaluta l’artista
La Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo, Parma, riscopre e rivaluta dalle ceneri dell’indifferenza Alberto Pasini, uno dei più noti artisti italiani della pittura orientalista. La sua è la storia di un “intrepido reporter ante-litteram, determinato a conoscere e a trasmettere il ricordo di quelle terme esotiche”.
Dopo una intensa attività di litografo nei luoghi d’origine, nell’estate del 1851 Pasini (Busseto 1826-Cavoretto 1899) si stabilisce a Parigi dove lavora prima nello studio litografico di Eugène Ciceri e, poi, nell’atelier dell’affermato pittore orientalista Chassériau. La svolta decisiva che cambierà la vita di Pasini e segnerà tutta la sua carriera artista arriva nel 1855 quando gli viene offerto di partecipare come “artista illustratore” in una delicatissima missione diplomatica in Iran in sostituzione del suo maestro Chassériau, costretto a declinare l’invito per ragioni di salute.
Per raggiungere Teheran la delegazione francese fu costretta a circumnavigare per la penisola arabica passando attraverso lo stretto di Babel-Mandeb per poi fermarsi ad Aden in Yemen e a Muscat in Oman. Da qui la risalita nel Golfo Persico per attraversare la montuosa catena dello Zagros prima di raggiungere Shiraz. Dopo la sosta nella bellissima Isfahan e, infine, costeggiando il deserto di Dasht Khaver, giunge aTeheran il 2 luglio 1855. Di questo storico viaggio non avremmo avuto alcun documento se non fossero rimaste le memorie del Conte Joseph Gobineau, primo segretario, che accompagnava il Ministro Prosper Bourée e, soprattutto, disegni, schizzi, bozzetti, litografie e dipinti di Alberto Pasini. Queste opere sono ora esposte nella mostra “Pasini e l’oriente. Luci e colori di terre lontane” (a cura di Paolo Serafini e Stefano Roffi, fino al 1 luglio, catalogo Silvana Editoriale).
Pasini realizzò i disegni e i bozzetti durante il viaggio mentre le litografie e i dipinti dopo il suo ritorno a Parigi nel giugno del 1856. Parecchi dipinti ad olio, esposti negli anni successivi al Salon Parigino, furono notati dal più grande mercante di quegli anni, Adolphe Goupil, con cui instaurò solidi rapporti commerciali che durarono fino alla morte dell’artista. La mostra si compone di oltre 100 opere. Ripercorre luoghi, suggestioni e atmosfere vissute dal pittore tra un viaggio e l’altro e, tutti i temi che lo hanno reso famoso. Una sezione è dedicata alle opere realizzate a Istanbul, che negli anni a seguire declinerà in decine di varianti e soluzioni, a partire dalla grande veduta della moschea di Yeni Djami, che Goupil venderà al Museo di Nantes nel 1872.
Tra gli altri dipinti, articolate e affollate scene di mercato che, nel corso degli anni, realizzerà in più di trenta versioni tutte differenti e tutte con una atmosfera unica e irripetibile. Un’altra sezione si concentra sull’architettura delle moschee con il gusto dei dettagli; l’ultima è riservata ai dipinti di atmosfera e di paesaggio che, nei decenni successivi, porteranno tanti altri artisti a realizzare opere di simile tenore. Per la prima volta sono in mostra le opere di grandi dimensioni e la serie completa dei quaranta disegni realizzati in Persia