Arte | Rodin e Giacometti in dialogo
di Giuseppe MASSIMINI
La Fondazione Pierre Gianadda a Martigny approfondisce con una grande mostra gli echi e le possibili derivazioni tra le opere dei due artisti
Una mostra di grande successo che si può visitare fino al 24 novembre. Rodin-Giacometti, alla Fondation Pierre Gianadda di Martigny (Svizzera), è la prima esposizione a sottolineare, sondare e studiare i parallelismi, gli echi e le possibili derivazioni tra le opere dei due artisti, attraverso oltre 130 lavori selezionati con grande attenzione dal Museo Rodin e la Fondation Giacometti di Parigi. Due grandi artisti, innovatori della scultura, così diversi ma quanto mai vicini nel rigettare ogni forma di accademia. Augusto Rodin (Parigi 1840- Meudon1917), interprete di un modellato capace di esprimere la forza fluida della materia; Alberto Giacometti (Borgonovo di Stampa 1901- Coira 1966) di una figurazione lineare e scheletrica ridotta quasi a fili d’erba carbonizzati. Il percorso della mostra, scandito in più temi, testimonia la familiarità e la corrispondenza delle opere dei due artisti. Con Gli ostaggi di Calais (1884-86), un episodio drammatico che ricorda la storia della città, Rodin rompe la tradizione classica del monumento così come, negli anni 1948-1950, Giacometti realizza un insieme di composizioni di gruppi figurativi in bronzo in configurazioni spaziali diverse: Trois hommes qui marchent, 1948, La Clairière, 1950, Quatre femmes sur socle, 1950.
La relazione di Rodin con l’arte antica risale al suo apprendistato all’Ecole Impériale de dessin, alle sue visite al Louvre e a un viaggio in Italia nel 1875, a Firenze e a Roma dove scopre l’universo di Michelangelo e la statuaria antica. Allo stesso modo Giacometti, già nel 1912-1913, inizia a copiare Dürer, Rembrandt, Van Eyck da illustrazioni trovate nei libri di suo padre. Come Rodin si interroga sul ruolo del basamento in continuità con la scultura per farne un unico insieme anche Giacometti fonde la figura con il basamento. Altra familiarità tra i due artisti la ricerca insaziabile nella ripetizione di uno stesso motivo.Tra gli esempi più eclatanti: le grandi versioni de L’homme qui marche realizzate da Rodin nel 1907 e da Giacometti nel 1960. L’homme qui marche di Rodin, tratto da San Giovanni Battista, e un corpo privo di testa, di braccia e di grande naturalismo: Rodin in questa opera non racconta nulla ma insiste su un’azione dinamica. Anche la versione di Giacometti è spogliata da dettagli anatomici: una sagoma filiforme, allungata al massimo che marcia verso l’ignoto, verso l’eternità.