Venti d’Oriente

Venti d’Oriente

di Giuseppe MASSIMINI

A Palazzo Roverella a Rovigo una grande mostra ricostruisce l’influenza del “giapponismo” nell’arte europea tra il 1860 e il 1915

Sul finire del XIX secolo la scoperta delle arti decorative giapponesi diede una notevole scossa all’intera Arte europea. E’ il 1853. Il Giappone rompe l’isolamento e si apre al resto del mondo. Inizia a instaurare rapporti diplomatici e commerciali con gli Stati Uniti, la Russia, l’Inghilterra e la Francia oltre ai Paesi Bassi che già in precedenza avevano avuto possibilità di scambi privilegiati. La passione per l’arte giapponese arrivò dopo l’Esposizione Universale di Parigi del 1867. Il cosiddetto “giapponismo” travolse molti artisti, per lo più antiaccademici, divenendo una vera e propria moda culturale. Il periodo di maggiore diffusione coincise appieno con le varie declinazioni del Liberty e coinvolse i più svariati settori, dalla pittura alla grafica, dalla ceramica all’architettura. Questa nuova energia creativa influenzò non solo artisti come Edvard Manet, Claude Monet, Edgard Dégas e Vincent Van Gogh, ma lasciò il segno anche sui più autorevoli critici e letterati, da Marcel Proust a Edmondo de Goncourt, il quale arrivò ad affermare: “tutto l’impressionismo è dovuto alla contemplazione e all’imitazione delle stampe luminose del Giappone”.

Da sinistra Paesaggio con il Monte Fuji di Emil Orlik e La Giapponese di Anselmo Bucci

La mostra Giapponismo, Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860 – 1915 Rovigo, Palazzo Roverella, fino al 26 gennaio 2020, indaga, per la prima volta e con un taglio decisamente originale scelto da Francesco Parisi, curatore della rassegna, quanto l’arte nipponica sia entrata nel fulcro della vecchia Europa. La mostra si snoda in quattro ampie sezioni con oltre 200 opere tra dipinsi, sculture, ceramiche, manifesti e incisioni. Un percorso scandito dalla grandi esposizioni universali. Si inizia da quella londinese dove i prodotti del Sol Levante debuttarono e si continua con le esposizioni universali parigini del’67 e’78. Qui ebbe maggiore attrattività soprattutto nei pittori Nabis. Poi l’influenza dell’arte giapponese in area germanica e il suo massimo sviluppo con la secessione viennese e in modo particolare con le arti applicate. In Italia, con la prima Esposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna di Torino nel 1902, il gusto giapponese entrò decisamente nel dibattito artistico. Fondamentale fu anche la Grande Esposizione Internazionale di Roma del cinquantennale dell’Unità d’Italia del 1911. Accanto ai capolavori di Gauguin, Touluse Lautrec, Van Gogh, Klimt, Kolo Moser, James Ensor, Alphonse Mucha si possono ammirare, in mostra, le tendenze giapponiste nelle opere degli inglesi Albert Moore, Sir John Lavery e Christopher Dresser; degli italiani Giuseppe De Nittis, Galileo Chini, Plinio Nomellini, Giacomo Balla, Antonio Mancini, Anselmo Bucci, Antonio Fontanesi e Francesco Paolo Michetti; dei boemi Emil Orlik e Jindřich Hlavin e dei francesi Pierre Bonnard, Paul Ranson, Maurice Denis ed Emile Gallé. E ancora i belgi Fernand Khnopff e Henry Van De Velde

Redazione

Il sito del settimanale 'Nuovo Corriere Laziale' testata che segue lo sport giovanile e dilettantistico della regione Lazio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *