Di Franco, addio alla Lupa Castelli: «Decisione sofferta ma necessaria»
Apparso sul Nuovo Corriere Laziale del 22 febbraio 2016
di Marco PICCINELLI
Non un licenziamento, non un sollevamento dall’incarico come si potrebbe comunemente pensare quando si interrompe un rapporto di lavoro fra un allenatore e un club, bensì dimissioni. «Ho pensato di fare questo passo per dare un’ennesima scossa alla squadra: non c’erano più i presupposti per andare avanti. Alla Lupa ho conosciuto delle belle persone ma che stanno pagando l’inesperienza della categoria». Certo è che la società avrebbe potuto rigettare le dimissioni all’allenatore. O, almeno, così vuole la prassi. In particolar modo in questo caso, data la poca permanenza sulla panchina di un decano del calcio laziale, tuttavia il tecnico ex Pisoniano si rassegna alla decisione e, semplicemente, commenta: «forse la società riteneva opportuno accettare il mio gesto perché inteso come vòlto a dare una maggiore responsabilizzazione ai giocatori». Tentare col quarto allenatore, in sostanza. “Ma l’alibi non regge e l’evidenza sfugge”, avrebbe cantato Giovanni Lindo Ferretti: «una società che cambia tre allenatori e ne assume un quarto parla da sola», commenta amareggiato il tecnico. Mister Di Franco Franco prende in mano la Lupa Castelli Romani a metà dicembre 2015 dopo aver sostituito il duo di Franco Cioci e Mauro Taraborelli che a loro volta avevano preso le redini della squadra dopo la decima giornata di Campionato in cui venne esonerato mister Galluzzo. Gli amarantocelesti di mister Di Franco, però, iniziano a giocare bene e ad essere impostati correttamente sul campo: dopo aver preso in mano la squadra, i suoi racimolano immediatamente altri due pareggi (uno, addirittura, contro la ben più blasonata Lecce) ma altrettante sconfitte subito dopo. «Ho cercato di far crescere in fretta la squadra ma più di qualcuno – e questo vorrei sottolinearlo – viveva di ricordi e di passato, dimenticandosi completamente del presente, ovvero il fatto che la Lupa Castelli avesse ottenuto sei punti in quindici partite».
«E’ stata una decisione sofferta, stamattina (giovedì ndr) sono andato a salutare la squadra ‐ commenta Di Franco ‐ augurando loro il meglio possibile ma la sostanza è che ho voluto cercare di dare una scossa a questi ragazzi che non hanno ancora capito l’importanza della categoria, nonostante all’interno dell’organico ci siano delle presenze importanti».
Secondo Di Franco, però, non capire l’importanza della categoria non significa che gli atleti presenti nell’organico avessero sottodimensionato la situazione in cui la Lupa era inserita, «la questione era che molti vivevano davvero di ricordi: chi era stato in una squadra piuttosto che in un’altra, chi aveva giocato in categorie più o meno importanti» ma tutti non avevano l’attenzione necessaria per rivolgere l’animo alla Lega Pro. «Fino alle ultime due partite, comunque, stavamo andando bene», afferma Di Franco, «non vincevamo, ma scendevamo in campo e davamo tutto: a Benevento se avessimo vinto tre a uno non avremmo rubato niente così come con il Lecce in casa e contro l’Ischia». Risultati ancora negativi ma «sul piano del gioco stavamo andando bene» e questo è fuor d’ogni discussione.
C’è stato un momento, infatti, in cui Lupa e Martina Franca quasi erano appaiate: «lo so», commenta Di Franco con un poco di sana di tristezza ‐ più che normale in questi casi ‐ «bastava poco ma vuoi perché siamo…eravamo la Cenerentola della categoria (per cui era facile bastonare qualcuno che sta per morire), vuoi perché è più difficile realmente competere contro squadre molto più competitive…».
E’ andata così. La cosa, forse, “sarebbe potuta andare diversamente”. Certo è che il combinato disposto della Lupa “Castelli Romani” che disputa le proprie gare a Rieti (in piena Sabina), che abbandona i colori adottati dalla fondazione per abbracciare quelli amarantocelesti per una stagione (*) (quelli della città ospitante), ha fatto sì che la società si ritrovasse con meno seguito di quando disputava la Serie D. Non che fosse molto neanche nella scorsa stagione, per la verità, tuttavia il nome era associato ad una striscia del tutto invidiabile di risultati positivi. Nessun tifoso, nessun sostegno, poi, con buona pace di chi, in segno di profonda deferenza verso il sistema del calcio moderno, considera il tifoso come cliente e non come parte integrante della squadra.
(*) nota del 11/4/16: La nuova maglia, apparsa nelle battute finali del campionato di Lega Pro, vede il riaffacciarsi dell’arancione assieme al colore predominante dell’amaranto, sebbene un po’ più spento, consegnando quasi un effetto Romulea.
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