Speciale impianti: «Non snaturare il Flaminio e restituirlo ai cittadini romani»
Apparso sul Nuovo Corriere Laziale dell’11 Aprile 2016
di Ramona GIATTINO
Non snaturare lo stadio Flaminio e ridarlo ai cittadini romani. E’ questo l’obiettivo principale del progetto Agon, di cui vi abbiamo parlato qualche mese fa e di cui fanno parte Irene e Lucia Nervi, figlie di Antonio Nervi, progettista del Flaminio, e nipoti del famoso Pierluigi. La posizione della famiglia Nervi è chiara e irremovibile e difficilmente potrebbe sposarsi con l’idea di fare del Flaminio lo stadio della Lazio. Ci spiega tutto Caterina Galli, la portavoce del progetto molto vicina alle Nervi.
Qual è la vostra posizione sulla riqualificazione dello stadio Flaminio?
“Il nostro obiettivo è realizzare una casa dello sport aperto ai cittadini e quindi mantenere la destinazione d’uso originaria. Vogliamo recuperare l’impianto e ridonarlo ai cittadini romani perché si tratta di un bene comune e vogliamo che ne possano usufruire al 100% anche le persone con disabilità, e non solo come spettatori. Le attività sportive che si praticavano originariamente al Flaminio erano scherma, ginnastica e pugilato e adesso stiamo valutando altre nuove attività. L’elaborazione del progetto prevede diverse sfaccettature, da quelle tecniche, che riguardano quindi la riqualifica, a quelle sportive e finanziarie che vanno a braccetto anche in relazione a ipotetici investitori che potrebbero avere uno spazio all’interno dell’impianto con nuove discipline. Adesso aspettiamo che Roma abbia un nuovo sindaco per presentare la nostra idea progettuale e capire come la nuova amministrazione voglia gestire la questione. Nel caso in cui volesse indire un concorso, Agon parteciperebbe”.
Secondo i Nervi, quali sono i punti intoccabili? Su cosa invece si potrebbe intervenire?
“La posizione della famiglia Nervi è chiara: non vogliono che il Flaminio venga snaturato, quando si procederà alla ristrutturazione, con infrastrutture che possano intaccarne il valore artistico. Del resto, l’impianto è stato vincolato e ci sono situazioni che vanno portate avanti con delicatezza. Non abbiamo mai pensato di stravolgere l’impianto con progettazioni megagalattiche ma piuttosto di mantenerne il valore artistico e storico che lo contraddistingue”.
Negli ultimi giorni si sta parlando molto dell’idea di legare lo stadio alla Lazio. Qual è la vostra posizione in merito?
“Sono anni che si lega la società della Lazio al destino del Flaminio. Durante l’amministrazione Alemanno, nel 2010, era stato proposto a Claudio Lotito di fare del Flaminio la sede della sua società. Il presidente però non fece mistero di non essere d’accordo e rilasciò anzi delle dichiarazioni che non furono ben accolte, soprattutto dagli ultras bianconcelesti. All’epoca l’associazione Sodalizio Lazio fece una raccolta di firme e chiesero ad un tecnico, l’architetto Giulio Andrea De Santis, mio marito, di presentare un’idea progettuale, accompagnata da queste 14 mila firme. Il progetto venne presentato al pub Vecchi Spalti, famoso ritrovo di molti tifosi laziali, poi venne portata in Comune e depositata insieme ad altri progetti, rimasti tutti archiviati. Quindi il discorso di questi giorni non fa altro che riprendere una situazione che va avanti da anni. Un progetto che sia legato al solo calcio agonistico di Serie A non rientra nella nostra idea di riqualificazione del Flaminio. Per rendere lo stadio idoneo alla Serie A bisognerebbe aumentare le sedute e dotarlo di una copertura conforme alle normative europee. Quindi, a meno che non si trovi un’idea geniale con cui si riesca ad apportare queste modifiche senza snaturare l’impianto, è un’idea che non può sposarsi con il nostro obiettivo che è quello di farne un polo sportivo. Si potrebbe valutare l’idea, invece, di farne la sede della scuola calcio della Lazio e quindi di legare il Flaminio con la parte dilettantistica laziale”