Arte | Vedere la Musica
di Giuseppe MASSIMINI
Un’ampia rassegna ricostruisce a Palazzo Roverella a Rovigo il rapporto tra musica e arti visive dal Simbolismo alle Avanguardie
Oltre 160 opere di artisti di fama internazionale compongono la mostra Vedere la Musica. L’arte dal Simbolismo alle avanguardie. La grande rassegna, allestita a Palazzo Roverella a Rovigo e curata da Paolo Bolpagni (fino al 4 luglio), ricostruisce il rapporto tra musica e arti visive dal 1880 al 1940 raccontato con ampiezza e organicità come non si era ancora visto. Punto di partenza della mostra un esplicito richiamo a Ludwig van Beethoven e all’affermazione del fenomeno del wagnerismo che vede fiorire in tutta Europa un filone artistico ispirato alla produzione teatrale e alle teorie estetiche del compositore tedesco. Molte sono le opere dedicate ai miti nibelungici di Richard Wagner e alla fortuna iconografica di Beethoven tra fine 800 e primo 900. Alois Kolb, autore di numerosi cicli a soggetto musicale, compose, nel 1921, un portfoglio di dieci incisioni dedicate a Beethoven. Il percorso, che si articola in più sezioni, approfondisce le molteplice esperienze tra suono e colore. “Il riferimento al linguaggio musicale, spiega il curatore della mostra, non è solo ispirazione emozionale o figurativa, ma volontà di recuperare i meccanismi compositivi della musica per farli propri nella creazione del linguaggio.” Nella Vienna di inizio Novecento trovano nella musica un riferimento importante Gustav Klimt, Oskak kokoschka e koloman Moser.
UnA sezione della mostra è rivolta al Cubismo e al successivo Purismo. Emerge l’orientamento dei pittori, da Pablo Picasso al giovane Le Corbusier, a prediligere nei temi di partenza delle loro opere strumenti a corda come violini, chitarra e mandolini scelti per il loro richiamo alle vibrazioni acustiche e allo scorrere del tempo. L’elemento sonoro ha un gran peso anche sul Futurismo italiano. Luigi Russolo, oltre che artista visivo, fu anche compositore ideò gli Intonarumori: brani suonati da macchine costruite per produrre rombi, ronzii, crepitii, scoppi. Lo stesso Umberto Boccioni ebbe un rapporto privilegiato con il pianista Ferruccio Busoni e l’ultimo capolavoro che eseguì, prima della morte prematura, è proprio il ritratto del Maestro. Accanto alle opere di rivoluzionaria astrazione lirica di Vasilij Kandinskij che arrivò perfino a realizzare alcuni tentativi di trasposizioni di ritmi musicali, quelle di Paul Klee, che nei corsi tenuti al Bauhaus fu il solo ad occuparsi del rapporto tra pittura, musica e segno, e di Theo van Doesburg e di Piet Mondrian, gli unici esponenti del neoplasticismo ad aver coltivato una relazione con la musica. Una sezione della mostra, dedicata al musicalismo, riscopre la figura di Charles Blanc-Gatti, “il pittore dei suoni”, ingiustamente dimenticato e finalmente rivalutato. Da controcanto alle opere delle avanguardie, capolavori più tradizionali che, specialmente in Italia, furono ricchi di riferimenti iconografici al mondo della musica: dallo Studio per il violoncellista Crepax di Anselmo Bucci alla scultura di Vitaliano Marchini, La cieca; dalla Natura morta con strumenti musicali di Gino Severini, al grande Apollo di Alberto Savinio, omaggio ironico al Dio della musica. Accompagna la mostra un voluminoso catalogo (Silvana Editoriale), frutto di anni di studio e di ricerche, ricco di materiale fotografico e di approfondimenti critici.