L’incanto del paesaggio
di Giuseppe MASSIMINI
Una mostra alla Pinacoteca Cantonale Züst di Rancate racconta la rappresentazione della natura tra 800 e 900 nel Canton Ticino. Tra arte e tecnologia.
Merita un viaggio fuori confine la mostra L’incanto del paesaggio. Disegno, arte, tecnologia, aperta fino al 25 aprile alla Pinacoteca Cantonale Züst, Rancate (Mendrisio). La rassegna, curata da Paolo Crivelli, Giulio Foletti e Filippo Rampazzi e coordinata da Mariangela Agliati Ruggia e Alessandra Brambilla, prende in esame il periodo a cavallo tra ‘800 e ‘900, momento di importanti innovazioni non solo nel campo dell’arte ma anche in quello tecnologico. Il territorio ticinese, gradualmente scoperto, veniva infatti descritto da molti naturalisti, geografi, fotografi, pittori e storici dell’arte. La mostra, divisa in più sezioni, prende avvio dalle prime elaborazioni cartografiche e prosegue con una accurata lettura del territorio descritto da molti naturalisti: dal cambiamento climatico all’evoluzione della specie. La seconda parte si concentra, invece, sulle opere di molti artisti, attivi nel territorio ticinese, che hanno saputo rappresentare la splendida natura della loro terra d’origine: il bosco e la selva castanile, il vigneto, il territorio alpino e la montagna. Tra i maestri riconosciuti troviamo Edoardo Berta, Filippo Franzoni, Ugo Zaccheo, Daniele Buzzi, Gioacchino Galbusera e Luigi Rossi presente con due dipinti esposti alla Biennale di Venezia: La pianura, nel 1920 e non più visto da allora in una occasione pubblica e La raccolta delle castagne, nel 1922.
Si continua con le opere di Giuseppe Foglia, Luigi Taddei, Emilio Maccagni e di Cherubino Patà di Sonogno, braccio destro di Courbet, assai famoso ma ben presto dimenticato. Stessa sorte subita da Daniele Buzzi. Una delle scoperte è Carlo Bossoli, il pittore che lavorò per la famiglia reale. Non mancano nemmeno i dipinti di Remo Patocchi, il pittore delle Alpi, di Augusto Sartori, allievo della scuola di disegno di Bellinzona e dell’unica donna Regina Conti in mostra anche con due sculture. Alla costruzione di una immagine identitaria del Ticino parteciparono attivamente anche i fotografi che a partire dalla seconda metà dell’Ottocento si stabilirono nei maggiori centri cittadini documentando non solo i volti degli abitanti, spesso volutamente in posa, ma anche il territorio. Sfilano gli scatti del locarnese Antonio Rossi, dei fratelli Ernesto e Max Buchi e di Grato Brunel e della sua dinastia famigliare. Chiude la rassegna un inevitabile sguardo sul futuro con inedite e suggestioni riprese realizzate con droni e la loro rielaborazione attraverso un modello in 3 D.