Il Novecento “altro” di Ruggero Savinio
Una grande mostra a palazzo reale di Milano ripercorre la sua vicenda artistica
di Giuseppe MASSIMINI
Niente da dire. E’ una mostra completa. Unica e molto probabilmente irripetibile per la quantità e la qualità delle opere esposte che non si vedevano da molto tempo e per i prestiti provenienti da molte collezioni pubbliche e private. Da vedere, prima della chiusura nell’appartamento dei Principi di Palazzo Reale a Milano, la mostra Ruggero Savinio. Opere 1959-2022 (a cura di Luca Pietro Nicoletti, fino al 4 settembre). Si ripercorre tutta la vicenda artistica e biografica che ha fatto della sua pittura, come scrisse lui stesso nel 2008, la “melodia interna” della sua vita. Figlio di Alberto Savinio e nipote di Giorgio De Chirico, Ruggero Savinio (Torino 1934) è sicuramente dei tre De Chirico il più “pittore della famiglia” capace di guardare ai maestri del passato con la freschezza di una scoperta declinata al presente. Il suo è un Novecento “altro”, fedele alle proprie ragioni e indifferente alle mode dell’arte contemporanea, cui ha sempre opposto una composta e imperturbabile visione del mondo che ci conduce in luoghi ameni e idilliaci, pur sotto un velo di malinconia e di inquietudine: nostalgia, forse, di una perduta “età dell’oro” o un cortocircuito tra passato e presente. Quello che è certo è che il suo “assoluto pittorico” si posa sulla tela con un fremito di piacere. La mostra, articolata in cinque sezioni, tra dipinti, disegni e opere su carta dagli inizi degli anni Sessanta al secondo decennio degli anni Duemila, mette in evidenza il rapporto tra ricerca pittorica, cultura letteraria e memoria autobiografica.
Prende avvio con una sala dedicata agli autoritratti e doppi ritratti degli anni Novanta dove l’artista si ritrae in contesti naturali. A scandire poi il percorso espositivo gli anni milanesi, teatro dei suoi esordi giovanili e dei suoi sodalizi con galleristi e altri artisti. La terza sezione si sofferma sul tema del paesaggio che caratterizzerà tutta la sua produzione degli anni Settanta. Scopre la pittura di tocco fatta di brevi, ripetute, intense e pastose pennellate di colore e raggiunge quell’atmosfera rarefatta e sognante che diventerà negli anni a venire tipica del suo stile. Negli anni Ottanta rientra definitivamente a Roma. Inizia per Savinio un nuovo corso. A catturare ora la sua attenzione Roma con i suoi parchi al tramonto e le sue inconfondibili rovine archeologiche. La chiusura della mostra è affidata ai luoghi privilegiati dell’intimità familiare. Un cammino intimo e personale che racconta non solo la vita e le passioni di un grande pittore ma anche la forza di chi ha saputo rimanere, in una società sempre più dominata dall’uso delle nuove tecnologie, fedele agli strumenti del linguaggio espressivo. Sempre affidato ad una luce mediterranea in un gioco di specchi di ombre e di luci.