Arte | Oliviero Trombetti, io e il mare
di Giuseppe MASSIMINI
Mi è capitato più volte, in questi ultimi mesi, di rivedere volentieri in casa di amici collezionisti i dipinti di Oliviero Trombetti. Non vedo Oliviero da molto tempo. Lo raggiungo telefonicamente e mi invita a Montefalco dove oggi vive e svolge la sua attività artistica. Accetto volentieri. Insieme ricordiamo le tante serate trascorse a Roma, dove ha vissuto fino al 1994, con amici e artisti comuni. Ripercorriamo le sue mostre, a partire da quando visitai la sua prima personale alla Galleria Farnese nel 1976. Da allora ho sempre seguito tutto il suo percorso; da allora è nata una profonda e sincera amicizia che ancora oggi continua. All’entrata dello studio, un suo scritto, svela il senso profondo della sua pittura: “Il mio discorso pittorico si è soffermato sulla vita del mare e sulle sue meraviglie in esso contenute per dar modo di conoscere, a chi avvicina la mia pittura, le bellezze nascoste di questo mondo incantevole.” Sin dagli inizi la sua pittura è una cristallina testimonianza d’amore ad esplorare il fondo marino costringendo chi osserva a domandarsi cosa ci sia sotto quelle onde che si infrangono continuamente sulla battigia o su un lembo costiero. Dipinti ricchi di riferimenti infiniti, di osservazione e di invenzione, con una ricchezza cromatica espressa in modo inoppugnabile con il brulichio dei tocchi di pennello che si dissolvono in note di armoniche misure musicali. Il colore è uno dei punti fondanti della poetica di Trombetti. Trionfano i toni blu, gli azzurri profondi, ma anche i rossi accesi, i bianchi accecanti orlati con un gioco di neri intensi. C’è un quadro di questo periodo che giustifica il titolo Espansione.
E’ come se la luce uscisse dalla sovrapposizione di quei colori gridati come i raggi del sole dalle nuvole del tramonto. Continuando la nostra conversazione mi racconta le tante emozioni giovanili come quella volta che incontrò Renato Guttuso alla Galleria La Nuova Pesa o quando visitò lo studio di Sante Monachesi e di Felice Ludovisi allora direttore all’Accademia di Belle Arti di Roma. Mentre degustiamo un buon bicchiere di Rosso di Montefalco mi mostra i suoi ultimi dipinti: grandi e piccoli quadri che spesso nascono come trittici o come trilogie. Ancora una volta Trombetti si cala nel grembo marino e ci porta a tu per tu “in un religioso ascolto, come ha scritto Gianni Franceschetti, davanti a sua maestà il mare. E’ un mondo senza voci o voci disperse in un mondo senza echi?” O, per rimanere nell’attualità, un grido d’accusa verso l’indifferenza al progressivo inquinamento. Trombetti ha percorso una strada lunga e sempre coerente sin dalle prime opere giovanili, esperienza in chiave espressionista per arrivare poi, dopo una parentesi post impressionista, ad una non figurazione, ad un suo abitare pittorico che nasce proprio da un’altra osservazione della realtà per rendere visibile l’invisibile. Appoggiati su una vecchia credenza alcuni disegni. Una conferma di come Trombetti è anche un buon disegnatore